Se l’assicuratore fa visitare l’assicurato non riconosce il suo diritto all’indennizzo

Se l’assicuratore fa visitare l’assicurato non riconosce il suo diritto all’indennizzo
08 Febbraio 2017: Se l’assicuratore fa visitare l’assicurato non riconosce il suo diritto all’indennizzo 08 Febbraio 2017

Con la sentenza n. 14993/2016, la III Sezione della Cassazione civile si è pronunciata su una questione gravida di implicazioni pratiche. Il Tribunale di Roma aveva accertato l’insussistenza del diritto al pagamento dell’indennizzo previsto da una polizza infortuni da parte di un assicurato che non aveva comunicato all’assicuratore di aver stipulato altre polizze a garanzia del medesimo rischio, violando la prescrizione dettata dall’art. 1910 c.c.. La Corte d’appello aveva, tuttavia, ribaltato questa decisione, sostenendo che l’assicuratore avrebbe “rinunciato a contestare l’omissiva volontaria indicazione” delle altre polizze contratte dall’assicurato “con comportamento univoco e significativo”. Tale comportamento sarebbe consistito nell’aver invitato l’assicurato a farsi visitare da un medico legale fiduciario, nel fatto che quest’ultimo avrebbe richiesto l’esecuzione di un esame diagnostico (TAC), nell’aver rifiutato l’indennizzo, in sede stragiudiziale, non già a causa dell’inadempimento del predetto obbligo di avviso, ma sostenendo che l’infortunio non fosse avvenuto. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’assicuratore, esprimendosi in termini che vanno ben al di là del caso deciso, perché riguardano una difesa assai frequente nelle controversie assicurative, relativa a svariati comportamenti degli assicuratori (aver inviato a visita l’assicurato o il danneggiato oppure aver fatto stimare il danno da un proprio perito, non aver contestato, anche per lungo tempo, la richiesta di pagamento fattagli…). Il Giudice di legittimità, infatti, ha fondato la sua decisione su un principio generale espresso in numerosi precedenti, che va quindi tenuto presente per tutti i casi simili. Secondo i Giudici di Piazza Cavour, invero, la sentenza della Corte d’appello aveva, in realtà, ravvisato nell’anzidetto comportamento gli estremi una “ricognizione di debito”. Quest’ultima può indubbiamente “risultare anche da un comportamento tacito, ma questo deve essere inequivoco: deve essere, cioè, un comportamento che nessuno terrebbe se non al fine di riconoscersi debitore, e che altro scopo non avrebbe se non quest’ultimo” (principio questo che la Corte rileva essere “risalente”, facendo riferimento alla propria sentenza n. 550/1962 ed a moltissime altre successive). Tali però non potevano ritenersi le condotte attribuite all’assicuratore nel caso specifico. L’aver fatto visitare l’assicurato da un proprio fiduciario infatti “è un comportamento che può trovare spiegazione con l’interesse dell’assicuratore di accertare il peso economico della pretesa dell’assicurato, al fine di comparare il contenuto economico della lite col costo di una eventuale controversia giudiziaria” (nello stesso senso: Cass. Civ. n. 4073/1979). Che poi il medico legale incaricato avesse fatto eseguire un esame diagnostico all’assicurato era un fatto “privo di autonoma rilevanza” e “frutto comunque di una manifestazione di volontà del medico legale, e non dell’assicuratore”. Il fatto poi che quest’ultimo avesse respinto la richiesta di indennizzo ritenendola “truffaldina”, e non perché questo non fosse dovuto ex art. 1910 c.c., era “manifestamente incompatibile con la volontà di riconoscere il proprio debito”. Nessuna ricognizione di debito, e quindi nessuna rinuncia all’eccezione di perdita del diritto all’indennizzo da parte dell’assicurato per inadempimento dell’obbligo di avviso dettato dall’art. 1910 c.c., poteva quindi ravvisarsi nei fatti indicati dal Giudice d’appello, la cui decisione è stata quindi cassata.

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